mercoledì 19 dicembre 2007

MISTERIS GLORIÔS

E’ una riedizione, corredata di preziose fotografie in bianco e nero, del libro pubblicato nel 1980 da pre Toni Beline (ediz. Glesie Furlane). Il titolo nulla ha a che fare con i misteri gloriosi del rosario se non, forse, per il fatto che l’argomento affrontato è tutt'altro che “glorioso”. Potremmo dire che il titolo è un ironico ossimoro riferito ad una realtà, quella gloriosa, in contraddizione o contrapposizione ad una realtà per nulla gloriosa, anzi umiliante e desolante: quella della Carnia degli allora anni '70 (e anche di oggi?).Il libro infatti, ambientato tra Rivalpo, Valle, Trelli, parla sì di quella gente, ma indirettamente di tutta la gente carnica. Descrive comuni situazioni di sacrifici, di partenze, di miseria, di umiliazioni. E’ il racconto della vita, nel secolo scorso, di tutti i nostri paesi, di quelli che non si trovano sui libri di storia, anche se possono vantare di avere i nomi di molti paesani scritti su targhe, cippi, monumenti per ricordare che la Carnia ha dato molte giovani vite “ par tigni su cheste barache che si clame Italie”.
Fatti, eventi familiari, vicende di stalle o meteorologiche, sagre religiose, disgrazie, vengono descritte da un prete che ha scelto, a 27 anni, di salire in quelle parrocchie che, come quasi tutte le parrocchie carniche, la Curia udinese considerava di confine, adatte per esiliarvi i preti con troppa “cresta” o testa, oppure afflitti da qualche debolezza umana ritenuta indegna del ruolo.
Quando pre Toni Beline scrisse questo libro, erano già dodici anni che conviveva con la gente di lassù. Vi era arrivato dopo aver vinto un regolare concorso presso la Curia di Udine. In seguito scoprì che era l’unico concorrente.Mi confidò che quando incontrò le sue “anime” si rese conto che avrebbe dovuto abbandonare tutte le sue sicurezze, ribaltare tutta la pastorale teorica e ricominciare da capo. Buttò via i libri e si concentrò sulla sua gente, sulla sua esperienza di vita sofferta. Cercò di capire e condividere l’esistenza con quelle poche persone residue che conoscevano forse cento parole di italiano, ma avevano inventato più di settecento soprannomi in carnico per distinguere, oltre ai soliti quattro cognomi, figli, padri, paesani.Con il tempo ha capito che la venerazione della Madonna, si poteva conciliare con il ballo, condannato dalla Chiesa come il padre di tutti i più sordidi peccati, e che l’essere apostrofati come “Cjargnei cence dius” (idoli) non escludeva il fatto che potessero credere in Dio e nei suoi santi e sante.Il libro viaggia sul filo dei ricordi: preti, vecchiette analfabete, ma sagge, sprazzi di vita, eventi laici e religiosi, aneddoti più o meno arditi (al punto che nell’introduzione pre Toni anticipa che quanto scrive non è adatto ai bambini!).Potrei ancora parlare delle critiche che osava rivolgere ai politici in tempo di “democrassigne”, delle idee su un turismo rispettoso, di come era stata vissuta in quei luoghi la resistenza (che aveva fatto più danno alle stalle di quanto avessero fatto i tedeschi), ed ancora di tanti cavilli e del condimento quotidiano di bestemmie irripetibili, ma ritengo di aver raccontato abbastanza per invitarvi ad apprezzare un libro di microstoria carnica, prima che tutto affondi nel nulla.

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